Il povero sulle miniere d’oro
Qualcosa sta succedendo in Afghanistan.
Qualcosa di non chiaro, o forse fin troppo palese.
Ma andiamo con ordine.
Dal 15 agosto scorso, data in cui i taliban hanno conquistato Kabul con la forza, ad oggi, abbiamo assistito ad una serie di piani e promesse da parte del nuovo governo afghano puntualmente smentiti, non realizzati o disattesi nel campo dell’inclusione politica ed etnica, dell’accesso all’istruzione, diritti umani e delle donne.
E mentre ancora oggi si susseguono voli per mettere in salvo personale afghano che ha collaborato a vario titolo con ambasciate straniere o altre organizzazioni, giornalisti ed attivisti che rischiano la vita per il loro impegno professionale, dall’altra parte troviamo un fermo intento della diplomazia internazionale ad instaurare quanto prima colloqui fattivi con il nuovo governo talebano.
Quindi, mentre il 3 dicembre la Francia effettuava una missione di evacuazione dall’Afghanistan, che interessava 258 cittadini afgani, 11 francesi, circa 60 olandesi e un numero imprecisato di persone a loro legate, il 4 dicembre a Doha il presidente francese, Emmanuel Macron, dichiarava:
“I Paesi europei stanno lavorando per avviare una missione diplomatica congiunta in Afghanistan per consentire ai loro ambasciatori di tornare nel Paese”
“Si tratta di un’iniziativa diversa da un riconoscimento politico o da un dialogo politico con i talebani”, ha specificato. “Avremo una rappresentanza non appena sarà possibile”, ha quindi dichiarato Macron.
Anche perché, dopo il petrolio, la Cina punta alle terre rare; rappresentanti di più aziende cinesi sono arrivati in Afghanistan con visti speciali e stanno conducendo ispezioni in loco: l’interesse per il settore minerario afghano sta crescendo tra le aziende cinesi e comprende progetti riguardanti rame e litio, dati gli enormi giacimenti nel Paese che hanno un valore stimato di un trilione di dollari.
Nel frattempo il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) ha definito “allarmante” la situazione dell’Afghanistan per i prossimi 13 mesi. L’UNDP ha previsto che la povertà potrebbe diventare quasi universale entro la metà del 2022.
Il Paese deve affrontare una carestia e la mancanza diffusa dei beni di prima necessità, accompagnata da una costante crisi di liquidità, con lo Stato che non riesce a pagare gli stipendi da mesi e la siccità che contribuisce ad affamare la popolazione.
Le conseguenze sono estremamente gravi e le Nazioni Unite parlano di una “catastrofe umanitaria” in corso.
L’Afghanistan è spesso definito come “un povero che giace su miniere d’oro”.
Chissà se chi si interessa ora all’Afghanistan lo fa per il “povero” o per le “miniere d’oro”.
Chissà.